Dal 2019 il nostro studio è lieto di ospitare la collezione di opere dello scultore Santo Caslini
SANTO CASLINI nasce a Carate Brianza il 1^ novembre 1912.
Si iscrive alla Scuola d’arte di Monza (I.S.I.A.) sotto la guida di maestri come Arturo Martini, Marino Marini, Pio Semeghini, Raffaele De Grada e nel 1935 consegue il Diploma di Maestro d’arte.
Approfondisce i suoi studi frequentando le più importanti città d’arte italiane, in particolare Firenze dove entra in contatto con l’opera di Libero Andreotti soprattutto per quanto riguarda la ceramica.
Nella seconda metà degli anni ’30 apre con altri artisti il primo studio milanese in via Lanzone e partecipa a mostre collettive in Italia, tra cui la Biennale di Venezia e all’estero.
Resta in attività anche durante il periodo bellico, presenta la sua prima personale a Milano e partecipa a diverse rassegne artistiche nazionali.
Nell’immediato dopoguerra trasferisce lo studio a Carate Brianza e inizia l’insegnamento alla Civica Scuola Serale della Villa Reale di Monza, sezione scultura, dove mantiene l’incarico per circa trent’anni.
In questo periodo esprime il proprio talento utilizzando ogni tipo di materiale, in particolare il bronzo. Realizza le prime opere esterne visibili da un vasto pubblico e continua la sua partecipazione a diverse rassegne.
Negli anni ’50, nel pieno della sua maturità espressiva, realizza a Seregno la fontana in bronzo di Piazza Roma a Seregno e la Pietà laica al quartiere San Carlo. Degni di nota i pannelli per il Cinema Capitol di Monza intitolati alla Regina Teodolinda.
Successivamente negli anni ’60 intensifica la sua presenza a rassegne di particolare rilevanza quali per esempio la Biennale d’arte di Milano e la Quadriennale di Roma.
Risalgono al decennio successivo diverse personali e la realizzazione del monumentale gruppo scultorio in bronzo per la nuova sede della Cassa Rurale e Artigiana di Carate Brianza.
Gli ultimi anni della sua produzione si concentrano sull’attività di studio. Si propone comunque con due rilevanti mostre: l’antologica di Villa Negri a Carate Briaza e la personale alla Galleria Carini di Milano. Da menzionare i due pannelli in bronzo destinati alla sala consiliare della Cassa Rurale e Artigiana di Carate Brianza.
Nel 1987 l’ultima sua presenza pubblica con la personale in Sala Mariani a Seregno.
Muore a Carate Brianza il 1^ aprile 1999
Dopo la sua scomparsa gli viene dedicata in Villa Sartirana a Giussano la prima importante retrospettiva. Seguono altre tre mostre in Villa Cusani a Carate Brianza, in Biblioteca Civica a Verano Brianza e in Villa Filippini a Besana all’Associazione Amici della Cultura di Aligi Sassu.
Se volete venirci a trovare, potrete ammirare numerose sue opere esposte presso il nostro studio.
SAGGIO CRITICO DI RAFFAELE DE GRADA
L’iter di artisti come lo scultore Santo Caslini ha subito una sorte assai strana: nati e cresciuti nell’apparente quiete dello sviluppo rettilineo della tradizione di antica origine rinascimentale, hanno visto poi rotte le regole della loro formazione e capovolta la stessa essenza dell’arte plastica così come essi l’avevano concepita. E’ difficile dunque presentarsi davanti all’arte di Caslini senza il solito bagaglio di luoghi comuni, passatismo e modernismo, il “superato” e l’attuale. Meglio rifarsi al codice di lettura che l’artista con modestia chiede per sé e che chi scrive ritiene ancora assolutamente legittimo, senza inutili rivendicazioni di primato ma anche senza falsi pudori.
Innanzitutto Caslini viene da un’ottima scuola, che fu quell’Istituto d’Arte di Monza dei tempi, prima della seconda guerra mondiale, in cui vi insegnavano Arturo Martini e Marino Marini, mio padre, Pio Semeghini e tanti altri che hanno più o meno segnato il percorso dell’arte italiana di quegli anni. Dalla scuola Caslini trasse la convinzione semplice che l’arte procede dalla natura e ne fa una scelta orientandola verso il bello, ciò che ai tempi del Vasari si chiamava la “maniera”. Or non son più quei tempi, non dico quelli del Vasari, ma neppur quelli che si usano dire del Novecento, Caslini lo sa benissimo e l’esperienza di tutta la sua vita è lì a provarglielo. Ma quando ancor oggi Caslini si accosta alla creta o al legno, egli non imprende la fatica per deformare o crear bizzarria. Tende a formare un tutto armonico di facile lettura e di composta architettura, ravvisando in quello la funzione dello scultore, autore di metamorfosi dalla materia bruta al significato ideale di una forma.
La critica moderna classifica sommariamente un tal modo di procedere come “naturalistico” perché la morfologia si accosta al “naturale”, il nudo femminile, il ritratto, la formella composta secondo un racconto. Ma la scultura di Caslini non si ferma alla “natura”, la supera in un processo di idealizzazione che va a raggiungere come nella Danae o in quella Maternità colonnare dove la donna erge il bambino sopra le spalle, il territorio della scultura moderna che continua il meglio della monumentalità martiniana, così matura di forme solari.
Sta qui il senso più avanzato e più attuale della scultura di Caslini che si dipana dalla scuola con un lento ma sicuro processo di approfondimento. Esso si evolve oltre le regole di un classicismo di formazione e si articola secondo una osservazione non passiva della natura, come quando lo scultore brianzolo raggruppa in un medaglione i cavalli in corsa o rannicchia il Pegaso in una mezzaluna stellare. In queste opere il disegno di Caslini supera ogni precedente accademico; la scultura diventa oggetto, in proporzioni che contraddicono il normale concetto della statua per prendere quelle del parto fantastico, in una a lui inconsueta libertà di visione. Sono anche i momenti creativi più liberi (Torso cavo, Tentazioni, con quell’idea colonnare,, felicissima, che può ricordare le esili piramidi di Giacometti e anche quelle costruzioni primarie che fanno i ragazzi sulla spiaggia con la sabbia bagnata).
Senza lo studio di decenni, Santo Caslini non sarebbe così sciolto e valido nelle sue libertà compositive, che vengono come conquista. La storia di Santo Caslini è quella di un artista che ha badato più a comunicare emozioni plastiche figurali che invenzioni formali fini a se stesse, com’è della più gran parte della scultura moderna. Si vedano “i ritratti” femminili, nudi e vestiti, sulla sedia dove si avverte bene che lo scultore non è rimasto al di qua dell’interpretazione formale del gesto e del corpo, ma l’ha superata in quella dolcezza delle espressioni che sono della migliore scultura del secolo scorso, da Lorenzo Bartolini a Degas.
Naturalmente, come sopra avvertivo, bisogna mantenere per Caslini il codice di lettura che gli è proprio, capire qual è stato il senso del suo percorso artistico che oggi, a tanta distanza di anni dalla sua prima formazione, noi vediamo come un superamento della durezza arcaica del novecentismo, una volontà, che è riuscita a raggiungere il fine, di ritornare all’umano senza perdere in stile, oltre le asprezze, le durezze, gli schemi che dominano la ricerca dell’anteguerra. L’arte lombarda (e non importa disturbare il celebre Manzù) può contare su alcune personalità che hanno mantenuto il contatto con il reale, superando lo stilismo vecchio senza precipitare nel nuovo. Tra queste contiamo Santo Caslini, con le sue forze serene e piene di sapore umano che dura nel tempo.
Dicembre 1978